SanSalvaStorie: il cinema indipendente a San Salvatore.

Partendo da destra, abbiamo rispettivamente Stefano Careddu, Andrea Quartarone e il regista Robert Girdea.

Si è da poco conclusa la prima edizione di “Sansalva Storie”: il festival di cortometraggi ambientato nel suggestivo borgo di San Salvatore. I corti, di animazione e non, inviati da tutta Italia ma anche dall’estero sono stati giudicati da una giuria di eccezione, composta da Luca Monti, Ima Ganora e Roberto Lasagna. L’affluenza è stata notevole, come prima edizione, ma c’è da dire che per Stefano Careddu e Ilaria Briolini non è certo il primo rodeo; la direzione ha dato l’occasione anche al pubblico di votare per assegnare un premio. Questo per chiarire che la rassegna è ideata ”da spettatori per gli spettatori”.
E’ stato presente al festival anche il nostro ormai regista di fiducia, Andrea Quartarone, con il suo ormai celebre primo lavoro “Mal di Sonno”.
Ogni festival non va mai preso in se stesso, per comprenderlo al meglio è necessario conoscere tutto il lavoro, la passione e la fantasia che c’è dietro; infatti abbiamo colto al volo l’opportunità di fare quattro chiacchiere con il direttore artistico. Stefano, nonostante sia un ragazzo piuttosto modesto, è da diversi anni nel settore cinematografico, sia come videomaker e videoeditor, ma anche come organizzatore di eventi; tanto è vero che questo non è il primo festival a cui da vita. Era il 2017, quando, con Lucio Laugelli, ha ideato e pianificato l’Alessandria Film Festival, che allora si svolse nel Teatro Comunale, oggi non più agibile, di cui è tutt’ora art director.
<< Un’altra influenza determinante per la creazione del Sansalva Storie, è stata assistere alla “Corte dei Corti”, un’evento cinematografico tenutosi ad Acqui Terme il settembre scorso – racconta Careddu – Dopo il covid, è stata dura riprendere, dopo due anni le persone sono cambiate e il team organizzativo si è un po’ arrugginito: sentivamo di non conoscere più il pubblico a fondo. Ci siamo rimboccati le maniche e abbiamo ripreso, creando un team molto giovane che ci potesse donare nuovi stimoli. Questo progetto è nato per dare spazio ai giovani cineasti e agli indipendenti, per comunicare con le nuove generazioni e appassionare San Salvatore, il mio paese, e non solo. Mi auguro di trasmettere l’amore per il cinema alle persone, con la stessa naturalezza e semplicità con cui mio nonno, quand’ero bambino, mi faceva sognare davanti agli spaghetti western di Sergio Leone. Vorrei anche condividere la mia esperienza con chi sta muovendo i primi passi in questo mondo, e così aiutarli a crescere; in modo tale che se un domani non potessi più seguire questo festival, qualcun’altro lo porti avanti. Da qualche parte bisogna pur iniziare! >>
Questi ideali traspaiono nello splendido feeling che si percepisce all’interno della squadra, si respira, effettivamente, voglia di fare e di imparare. Tirando le somme dell’evento, ci sono stati tre diversi premi ad essere assegnati e una menzione speciale della direzione artistica. La giuria ha assegnato il premio come miglior corto di animazione a “Casus Belli”, prodotto dal CSC Piemonte; invece come miglior corto non animato hanno scelto “Magic Alps”, opera drammatica di  Andrea Brusa e Marco Scotuzzi, con una magistrale interpretazione di Giovanni Storti, per citare un nome famoso del cast.
Il pubblico, tramite l’assegnazione di presenze durante le due serate, ha scelto “Il fabbricante di scintille” del regista acquese Valerio Marcozzi, corto a tema romantico con un pizzico di magia. Concludiamo con la menzione speciale assegnata a “Fiori” di Kristian Xipolias (il quale ha vinto il RIFF award), caratterizzato da scelte creative particolari e controverse, a partire dal formato utilizzato: non è il classico 16:9 bensì un insolito 4:3; questi azzardi sono stati molto apprezzati dalla direzione. Il festival è una splendida dimostrazione del fatto che i piccoli paesi non siano destinati a spegnersi e a essere obliati; questi non moriranno con le ultime generazioni di abitanti anziani, ma anzi se supportate da comunità giovani e affiatate possano diventare teatro di eventi culturali capaci di lasciare un segno indelebile e di creare stupore negli occhi di chi guarda, grandi e piccoli, magari gli abitanti si sentirebbero anche un po’ meno soli: alla fine non è per questo che è nato il cinema?

L’importanza di saper staccare la spina.

Lavagna al tramonto.

Vorrei condividere con voi una pagina di diario sperando, senza alcuna pretesa, che possa essere uno spunto di riflessione, anche critica, per altri.

La maturità è un momento particolarmente stressante per gli studenti. Quest’anno l’abbiamo affrontata anche i miei amici ed io, tutti quanti abbiamo accusato il colpo; così non appena finiti gli orali abbiamo deciso di salpare per una nuova avventura. Il caldo atroce di questo periodo ci ha portato ad optare per una località di mare: quale location migliore della “ridente Lavagna”.

E’ stata una breve vacanza, bella perché totalmente improvvisata, il cui unico scopo era rilassarsi. Dopo aver varcato il casello di uscita dalla A26, ci siamo effettivamente riusciti. Ho bellissimi ricordi, come Battisti cantato a squarciagola in spiaggia con la chitarra, davanti ad una pizza e ad una birra.

Una sera, ci siamo diretti a Rapallo, splendida cittadina affacciata sul mare, dai mille colori e dai mille sapori, tipico paesaggio della Liguria. Dopo una breve passeggiata che ci ha permesso di ammirare qualche scorcio caratteristico, abbiamo proseguito la nostra serata con una splendida cena nella storica “Trattoria da Mario”. Il proprietario, Massimiliano Colombi, mi ha raccontato come suo padre abbia rilevato il precedente locale negli anni 60’, trasformandola poi in un ristorante di un certo livello. Questo gli è costato sacrificio: dopo la guerra, ha lavorato in molte cucine partendo dai gradi più bassi, fino alla carica di sous chef, per poi mettersi in proprio. Massimiliano mi ha raccontato che moltissimi ricordi della sua infanzia sono lì dentro, trovo ammirevole che continui l’attività di famiglia con passione.  Appena tornati a Lavagna, Ettore, il padrone di casa, mi ha mostrato una tradizione di famiglia che va avanti da decenni e mi ha sinceramente emozionato: il cosiddetto “diario di bordo”. Quest’ultimo consiste in un insieme di annotazioni, riferimenti o dediche, che vanno a ricordare in qualche modo la permanenza di tutti gli ospiti della casa da quando la sua famiglia ne è entrata in possesso.

Il giorno seguente, dopo un rapido “ultimo bagno” siamo ritornati a casa. 

Questo breve racconto voleva sottolineare l’importanza di imparare a staccare la spina. Troppo spesso, il nervosismo ci porta a perdere di vista le piccole cose e i racconti che danno sapidità alla vita. Questo è inaccettabile, perché sono queste piccole cose, come il “diario di bordo” o i racconti di una persona appena conosciuta che mi ricordano che sono vivo e che esistono ancora moltissime storie in grado di farmi emozionare.

Age of Love: le serate della nostra estate

Arti 5ive a Pontesesia, festa by “Age of Love”

Non si può negare che Casale Monferrato negli ultimi anni sia cambiata. Vari negozi e attività hanno dovuto chiudere i battenti, le vie della città si sono inaridite: spesso sono quasi deserte.

Ho vissuto questa aridità in prima persona, avendo fatto le superiori a Casale, devo dire che è triste vedere una così splendida cittadina, incastonata in mezzo alle colline del Monferrato, finire senza più nessuna attrattiva per i giovani. A questo problema hanno ovviato Alfio Rubino e Nicola Marrone, fondando “Age of Love” eventi.

<< Quando tutto è iniziato facevo il pizzaiolo. Volevo trovare un lavoro che mi appagasse sul serio e creare qualcosa di nuovo nella mia città- racconta Alfio – A quel punto, mi sono reso conto che era un’esigenza molto sentita anche da tutti gli altri giovani del casalese, così iniziai a fare progetti con Nico e, quasi per gioco, abbiamo iniziato con gli eventi.>>

Nicola, invece, lavorava nella piadineria di famiglia, prima di prendere parte a questo progetto, anche lui ha deciso di raccontarci la sua: << Questo progetto non rappresenta solamente un hobby per noi, ma è una vera passione per tutti i componenti del team; trasformare il nostro amore per la musica e per il divertimento in un’attività è la realizzazione di un sogno.>>

Infatti, il nome “Age of Love” proviene proprio dal mix della famosa dj Charlotte de Witte, che è sempre stata la colonna sonora di molte serate in compagnia. Questo duo è stato solo il punto di partenza, dato che oggi la collaborazione si è espansa anche a diversi altri componenti, sempre provenienti dallo stesso gruppo di amici.

Un altro grande traguardo sono state le diverse feste a Pontesesia, che ormai sono tutte targate AOL.

Detto ciò, la narrazione può arrivare solo fino ad un certo punto, per capire di cosa si tratta non vi resta che andare ad una delle loro feste.

Abbiamo deciso di raccontare, anche se brevemente, la storia di questo piccolo grande sogno, perché questo è uno dei motivi per cui questo blog è nato. 

Dibattito come dessert

Nella foto, Luca Monti e Caterina Testa

Venerdì sera ho avuto il piacere di presenziare ad un interessante dibattito, dal format parecchio alternativo. Quest’incontro, intitolato “TantaTalk”, è stato organizzato dall’associazione culturale “Tantasà”, nell’accogliente sala polifunzionale Cantine Palazzo Cavalli di San Germano a San Salvatore.
Il talk è stato strutturato come una conversazione tra amici, seduti attorno ad un tavolo, davanti ad una buona tisana e qualche biscotto. La padrona di casa, Caterina Testa (l’architetto), ha introdotto il tema della serata: i cambiamenti climatici; poi i commensali, ciascuno recitando la propria parte, hanno presentato “il copione”. Da una parte, Lorenzo Vespoli (l’antichista) e Luca Monti (il professore), dall’altra Elisa Molina (la filosofa) e Fabio Prevignano (il letterato); nel mezzo Valentina Dezza (l’archeologo) a placare i bollenti spiriti. La serata è stata un alternarsi di serietà e comicità, per sdrammatizzare una tematica che ha del tragico.
Nella seconda parte della serata, gli spettatori hanno espresso le loro opinioni, confrontandosi e talvolta scontrandosi in modo costruttivo. Il fascino di questo format sta proprio nel riprendere la tradizione di una volta del “dopocena a casa di amici”, rivisitato in stile ventunesimo secolo.

Bella, ma che balla

Marta Montiglio,

Abbiamo deciso di mettere in piedi questa nuova rubrica, cominciando con un articolo che esprima a pieno l’obiettivo per cui è nata: dare voce agli studenti; permettere loro di raccontare la propria storia, le proprie idee e i loro sogni.

Partiamo da colei che definirei una tra le ragazze più popolari del Sobrero: Marta Montiglio (17 anni, 4LI). E’ stata Miss Sobrero, nonché rappresentante di istituto; carica che ricopre tuttora con “carisma e consapevolezza di sé”- citando Ettore Pane (Rappresentante capolista).

<< La mia avventura da rappresentante è iniziata quasi per gioco, per poi diventare l’occasione per dimostrare chi sono- ci racconta Marta- Ho sempre detestato che mi definissero “bella”, come se fosse la mia unica caratteristica. Non perché non ami i complimenti, piuttosto perché l’unica cosa che non amo è essere sottovalutata. Mi piacerebbe che le persone non si fermassero al mio viso, o meglio all’apparenza, magari etichettandomi di primo acchito come “la bella che non balla”. Sono una persona fatta di carne, ossa, sangue e passione, non di marmo. Ho deciso di sfruttare “il potere dell’apparenza” per dimostrare che sono molto di più che qualcosa da contemplare; vorrei che mi considerassero come qualcuno da ascoltare.

Ho moltissime passioni, come il pianoforte. Suonare mi proietta in un’altra dimensione. Vedo la musica come la forma più pura di meditazione, che mi permette di ritrovare il mio baricentro, soprattutto nei momenti no. Qual è per me la caratteristica fondamentale della rappresentante che miro ad essere?

E’ essere impavida, non aver paura di dibattere con docenti e collaboratori. Anzi, se questo non succede mai vuol dire che non sto ricoprendo con impegno il mio ruolo. Rappresentiamo pur sempre “l’opposizione”. >>

Per concludere, le abbiamo chiesto un consiglio per le nuove leve di studenti e lei ha risposto così:

<<Se dovessi estrapolare una massima da ciò che ho imparato in questi anni direi: “Studiate per vivere e non vivete per studiare”. La cultura e la conoscenza devono essere quella marcia in più, quel filtro colorato attraverso il quale osservare il mondo sotto una luce diversa; non lo scopo ultimo della vita. Bisognerebbe avere l’approccio giusto verso lo studio, avendo appetito di nuove storie da raccontare. La carriera è l’ultimo dei fini da ricercare, verrà strada facendo.>>