Duello: Barbenheimer

la cultura pop nel mese di luglio ha visto come protagonista un vero e proprio duello mediatico tra due dei film più attesi di questo 2023: Barbie e Oppenheimer. Le due pellicole rispettivamente dirette dalla brillante Greta Gerwig e dal magistrale Christopher Nolan sono state entrambe presentate nelle sale statunitensi e inglesi lo scorso 20 luglio.Secondo alcune teorie complottistiche non si tratterebbe di una banale ed innocente coincidenza.Oppenheimer,infatti, è il primo lavoro di Nolan non distribuito dalla casa produttrice Warner Bros dopo lo scarso successo di Tenet. D’altro canto la Warner Bros ha prodotto Barbie e per mettere i bastoni tra le ruote di Nolan sembrerebbe aver voluto far uscire le due pellicole lo stesso giorno, sapendo anche che Oppenheimer essendo un’ora più lungo di Barbie avrebbe avuto meno spettacoli nelle sale.L’uscita nel medesimo giorno ,in realtà, ha giovato entrambi i film a livello mediatico e di pubblicità, per dirla tutta forse ha aiutato maggiormente Oppenheimer vista la scarsa promo e le scarse partnership con brand: punto di forza di Barbie che per promuovere la pellicola non ha certo badato a spese, arrivando addirittura ad allestire un B&B a tema. Sicuramente va tenuto conto che Barbie è già di per sé un prodotto molto noto e per questo sicuramente più facile da vendere.Le proiezioni non potrebbero essere più diverse sia a livello di tematiche trattate sia per quanto riguarda le tecniche di realizzazione.Questa loro diversità è stata la chiave dell’esposizione mediatica perfetta che ha permesso la realizzazione di meme, tweet, post e ha convinto il pubblico a vedere entrambi i film il giorno dell’uscita, vestendosi a tema. Barbie, che vede come protagonista Margot Robbie,raccoglie un pubblico più vasto con una commedia spumeggiante e ironica con una estetica ben curata sui toni del rosa che permette comunque di riflettere sul mondo moderno e i suoi stereotipi di genere. Oppenheimer riflette sulle conseguenze dell’utilizzo della bomba

atomica durante la seconda guerra mondiale, permettendoci di scoprire retroscena e aneddoti sulla vita del famoso fisico teorico ,interpretato dal pupillo di Nolan: Cillian Murphy, e facendoci incantare davanti a immagini spettacolari realizzate senza l’utilizzo di cgi (computer-generated imagery) con una pellicola 70 mm. Questo evento, in realtà, è successo anche a un altro film di Nolan infatti il 18 luglio 2008 gli amanti del cinema in sala si son trovati a scegliere tra The dark knight ( secondo film della trilogia del supereroe batman) e Mamma mia un musical sbarazzino e sentimentale di Phyllida Lloyd. Insomma, la storia sembra ripetersi ogni anno dobbiamo scegliere tra due film con estetiche e temi completamente diversi.Chissà quali saranno le due opere cinematografiche del 2038?

SanSalvaStorie: Roy, attraverso una cornetta.

David Bradley (Roy), scena tratta dalla pellicola.

Il 28 luglio 2023 alla prima edizione del concorso cinematografico “SanSalvaStorie”, che si è tenuta nella graziosa ed accogliente piazza Carmagnola di San Salvatore. Durante l’evento sono stati presentati diversi cortometraggi riguardanti tematiche attuali, in particolare il cortometraggio “Roy” scritto e diretto da Tom Berkeley e Ross White. L’opera in questione verte sulla solitudine in età avanzata: una realtà spesso dimenticata dalla società frenetica in cui viviamo. Il cortometraggio prende il nome dal suo protagonista, un uomo di terza età ormai completamente solo, interpretato da David Bradley (attore protagonista, nonché unico a schermo). Il corto inizia in media res, assistiamo a due telefonate in cui Roy finge di aver ricevuto una chiamata da un numero ,in realtà digitato da lui, solo per poter avere una conversazione con qualcuno, ma il risultato non è dissimile dal quotidiano soliloqui interiore che ci vien fatto intendere. Lo stratagemma di Roy tuttavia si risolve in un inaspettato fallimento in quanto, cercando tra le pagine gialle,si ritrova a chiamare per sbaglio Cara (la cui voce è prestata dall’attrice Rachel Senton) . Dopo un breve scambio di informazioni tra i due, Roy viene a scoprire che dall’altra parte della cornetta si trova un prostituta, preso dallo stupore non ci pensa due volte a chiudere la chiamata, ma viene fermato da Cara. La ragazza ha compreso l’animo buono dell’anziano e vuole continuare a conversare con lui senza implicazioni di carattere sessuale. In una serie di scene simpatiche e tenere viene mostrato il fantastico e unico legame che unisce Roy e Cara: parlano, giocano a battaglia navale, cucinano attraverso la vecchia cornetta di un telefono fisso. Questo magico e quasi irrealistico equilibrio viene interrotto quando Cara propone a Roy di uscire con una donna per avere una vera conversazione dal vivo. Il nostro protagonista è titubante all’idea perchè, come lui stesso ci spiega, la causa originaria della sua reclusione sociale è stata la scomparsa della moglie.Roy, nonostante l’età avanzata, è un uomo coraggioso e intraprendente e decide di uscire con una donna di nome Valerie preparandosi al telefono con Cara.Tornato dal suo appuntamento, pronto a raccontare tutto alla sua unica amica digita il numero e attende trepidante,ma a rispondergli non è la voce dell’amica. Si trova invece a parlare con una collega di Cara, che lo informa di un triste sviluppo: Cara se n’è andata e non lavora più alla hotline. Una volta appresa la notizia, Roy cade in una sorta di stadio depressivo in completa

incredulità. A salvare il nostro protagonista, per il quale oramai proviamo un senso di compassione, è Valerie che decide di chiamarlo per organizzare un altro appuntamento, ovviamente Roy non può che accettare. Questo cortometraggio, pur partendo da un soggetto semplice, riesce a far entrare lo spettatore nello spaccato di vita di un uomo costretto ad affrontare un ingombrante senso di solitudine proprio nel periodo più fragile della vita. Il coinvolgimento emotivo è sicuramente aiutato dall’ universalità che queste tematiche portano con sé, oltre che dalla regia (abbondano i close up sul protagonista) e da una solida prova attoriale. Nella nostra società ciò che reputiamo vecchio, datato e antiquato viene dimenticato e trascurato, ma inconsciamente stiamo ignorando tutte le storie e gli insegnamenti nascosti. Roy, emblema del passato che si riflette anche nel telefono fisso con la cornetta che usa, impartisce dei consigli a Cara così come lei fa la stessa cosa e in questo modo nasce e si sviluppa il dialogo a cui Roy tanto anelava all’inizio del corto.Riprendendo le parole di Paul Valéry “le vent se lève! … Il faut tenter de vivre ”, questo corto ci invita a rivalutare la vecchiaia non come l’ultima spiaggia su cui aspettare la fine, ma come un porto da cui possiamo ancora salpare per continuare il viaggio della nostra vita.

Andrea Quartarone : Uno “Spielberg” monferrino.

Andrea Quartarone, 18 anni, liceale dell’istituto Sobrero, è approdato da poco nel mondo del cinema con il suo cortometraggio “Mal di sonno” (Awake Nightmare). Questo gli ha permesso di catturare l’attenzione di numerosi festival internazionali, vincendo premi per le sue abilità sia da attore che da regista. Scopriremo qualcosa in più sulla giovane promessa e sulle idee che l’hanno portato al successo. “Mal di sonno” è un thriller, realizzato con l’aiuto di amici e famiglia, che racconta il fenomeno del “blocco dello scrittore” in chiave horror. L’aspetto di quest’opera che colpisce maggiormente è la scelta di uno stile complesso come il thriller; a questo riguardo, Andrea ci ha confessato che pensa che sia molto più facile incutere timore nel pubblico, piuttosto che strappargli un sorriso o una lacrima. Essendo lui stesso il protagonista della storia, è riuscito a recitare un ruolo poliedrico ed enigmatico che l’ha stimolato e messo alla prova maggiormente. Andrea è in primo luogo un appassionato del grande schermo ed essendo da poco nel settore, ci domandavamo se avesse preso inspirazione dai grandi del cinema per la realizzazione del suo progetto. Il giovane regista ha citato come maestri di riferimento autori del calibro di Quentin Tarantino, Martin Scorsese, Joordan Peele e David Fincher. Quest’ultimo in particolare, è stato di inspirazione per la sua nuova sceneggiatura. Nonostante questo, la scrittura di Mal di Sonno è in primis il semplice frutto della fervida immaginazione di Andrea, senza particolari influenze esterne. Inutile negare il successo che ha avuto il corto, ma ci siamo anche chiesti come Andrea reagisca alle critiche. A questo proposito Andrea, come ogni adolescente, ammette la sua paura nel mostrare i suoi lavori, di venire deriso da chi non condivide e reputa strana la sua passione, ma è sempre contento di ricevere critiche costruttive e poter migliorarsi corto dopo corto. Mal di sonno non è l’unico progetto di Andrea, da qualche settimana ha iniziato il suo percorso tra i film festival “Chi va là?” (Who’s there?) che coinvolge una crew più vasta e vede recitare altri attori oltre ad Andrea , a differenza del precedente filmato. Abbiamo chiesto al giovane cineasta come si è trovato a lavorare in un ambiente più ampio e a non essere più una one man army. Andrea ci ha confessato che indubbiamente ha trovato la realizzazione del suo primo lavoro molto più semplice, tuttavia è stato anche richiesto un impegno maggiore in quanto doveva coordinare il lavoro dietro la telecamera del fratello, Matteo Quartarone, e dell’amica, Siria Soldati. “Chi va là?” gli ha insegnato l’importanza della comunicazione e che anche se il risultato finale non ti piace a pieno non puoi chiedere di rifare la scena all’infinito. I cortometraggi non sono le uniche produzione di Quartarone, poiché ha iniziato ad affiancare ai lavori autorali, una carriera parallela: qui si occupa di video making su commissione finalizzati a finanziare i suoi progetti personali. Andrea è molto soddisfatto di quello che ha costruito fino ad oggi e non vede l’ora di mettere in scena nuove sceneggiature sempre più professionali, che gli permettano di entrare in contatto con esperti del settore, che lo potranno sicuramente indirizzare verso una carriera lunga e prosperosa. 

Perché non si va più al cinema?


 
Il cinema, scoperta avanguardista della Belle Époque dei fratelli Lumiere, è stato uno dei luoghi d’eccellenza per lo svago, il divertimento e, perché no, anche per l’educazione delle masse. Tuttavia, già da prima dell’arrivo della pandemia, con la conseguente chiusura delle sale, l’andare al cinema è diventata un’attività di minor attrattiva. A giovare di questo calo, sono state sicuramente le piattaforme digitali come Netflix e Disney plus che in questi ultimi due anni sono riuscite addirittura a produrre le loro pellicole bypassando totalmente l’uscita nelle sale. L’ottica del consumatore medio è improntata sulla comodità, caposaldo di queste piattaforme: con un semplice tasto del telecomando o ancora meglio direttamente dal proprio smartphone si ha accesso a un’infinità di film, restando nel comfort del proprio salotto. Un altro fattore fondamentale da tenere in considerazione riguarda il costo, in questi anni di crisi, molti ritengono che il prezzo di un singolo biglietto sia una spesa eccessiva e superflua, di conseguenza si appoggiano alle piattaforme sopracitate o ancora peggio allo streaming illegale totalmente gratuito. Nonostante questo non dobbiamo dimenticarci che il prezzo garantisce un’esperienza che va ben oltre alla semplice visione del film, infatti permette allo spettatore di gustarsi al meglio la magia del grande schermo, stando anche a contatto con degli estranei e uscendo dalla propria comfort zone. Fornisce degli impulsi eccitanti per la formazione di un individuo a trecentosessanta gradi quindi sia dal punto di vista culturale, ma anche sociale. Lo scorso weekend andando al cinema, mi sono resa conto di quanto due anni abbiano completamente stravolto e trasformato l’ambiente. Ricordo le sale come un punto di incontro per vedersi e ridere con gli amici, al di fuori della scuola, ora tramutato in un luogo sterile e popolato da pochi irriducibili. La meraviglia del cinema per me, ma penso di parlare per molti, stava nel poter condividere due ore del proprio tempo in completa armonia: passandosi i pop-corn, applaudendo sul finale, ridendo e piangendo, scambiandosi opinioni sulla trama o su altro. Insomma creando ricordi preziosi. Ho il timore che le nuove generazioni, possano non vivere queste, a mio avviso essenziali, esperienze. Tuttavia, è naturale pensare che la scomparsa dei cinema sia, in realtà, inevitabile. L’avanzata tecnologica lo spazzerà via e con esso una serie di emozioni, che non potranno essere rimpiazzate da nessun algoritmo.